Beyond Reality – GALLERIA CA’ D’ORO
BEYOND REALITY
di Gianluca Marziani
Vertiginose presenze dentro stanze chiuse… l’agonismo muscolare compresso da un moto centrifugo che attira verso un centro utopico… il gruppo umano nella dimensione omogenea del gesto collettivo… Accade qualcosa di anomalo negli ambienti di Nicola Pucci, senti l’energia invisibile che attraversa le sue camere teatrali dal tenore catartico. Il nostro sguardo varca la soglia del possibile per abitare spazi in cui qualcosa ha cambiato le connessioni relazionali. Tutto sembra pervaso da uno strano elettromagnetismo, come se luoghi e persone fossero in perfetta simbiosi, oltre qualsiasi claustrofobia, oltre l’apparenza del vincolo coatto. Guardi, intuisci ma non comprendi le regole profonde della situazione. Eppure non ragioni mai sul filo dell’impossibile, dai una chance all’evento e lo rendi plausibile, forse come pura finzione ma comunque realistica ed empatica. Una scena che si assume il peso dello scenario. Uno scatto da fermo con l’obiettivo interno della narrazione misteriosa.
Così l’artista parla della sua pittura: “Osservo i comportamenti, m’interessano le cause che generano effetti, soprattutto sugli esseri viventi. Dall’osservazione scaturisce una nuova interpretazione della realtà in cui il possibile e l’improbabile si mischiano. Il movimento diventa elemento essenziale, focalizzato nel suo durante, ed è un moto senza compimento, un accadere senza succedere, pura sospensione di un gesto.”
Le parole di Pucci evocano un processo biologico che parte dallo sguardo e attraversa l’esperienza quotidiana. Un circuito molecolare tra entropia e forza centrifuga dei corpi, una sorta di moto perpetuo che racchiude l’approccio pittorico e la sua continuità progettuale. E’ questa una condizione focale dello sguardo ricevente (il modo in cui l’artista osserva il reale) e dell’immagine risultante (l’opera che vediamo), una taratura ottica che crea il timbro di personalità e collega assieme l’idea, l’approccio formale e il contenuto necessario (con i suoi molteplici rilasci di significato).
Le immagini di riferimento sono disegni dell’artista o fotografie di doppia provenienza, alcune prelevate dal web, altre realizzate dallo stesso Pucci. Il disegno permette appunti impulsivi, mentre le associazioni di foto prevedono approcci più lenti e razionali. Il risultato parla di verosimiglianza ma non di semplice realismo, è come se l’artista avesse inventato una lente Zeiss e un proprio codice luministico, un’atmosfera che amalgama i corpi pittorici, le loro contorsioni plastiche, gli scatti sinuosi, le posture anomale. Senti che circola quel moto centrifugo e gravitazionale, un’energia invisibile che teatralizza le scene e alza il livello del quotidiano, secondo accenni onirici che non sono mai puro sogno ma neanche piena aderenza al vero. Tra viaggio mentale e realtà, tra stranezza e plausibile, tra artificio e provocazione muscolare, sempre tra due dimensioni che si relazionano e creano qualcosa di inevitabile e al contempo inclassificabile, nel canone inverso della realtà “altra”.
Alterazioni del reale, una definizione che campeggia benissimo sul bordo di questa figurazione centrifuga e impattante. L’opera ci sospinge nella muscolosità del gesto, nel tenore atletico del corpo motorio che comprime l’atmosfera. Cresce una strana potenza dentro le stanze di Pucci, una scia energetica che altera il reale senza svilirlo. L’effetto finale ha una sua qualità onirica ma non surreale, come un inganno a occhi aperti, una recitazione asciutta che entra mimeticamente nei riti intimi dei protagonisti.
Pucci: “Pittoricamente amo la verosimiglianza della realtà, mi accanisco su quel dettaglio, cerco di dargli la terza dimensione rispetto al resto. Poi il lavoro si sviluppa strato su strato con decine di velature e pennellate più o meno materiche. Cerco di farmi guidare dalle linee delle immagini, a quel punto vorrei che tutto diventasse sospeso, che il tratto preciso e definito lasciasse il posto al gesto emozionale.”
Al tenore emozionale aggiungerei il valore sensoriale di una pittura che offre nuovi corridoi figurativi. L’istante sospeso attraversa Philippe Halsman, Giacomo Balla, Robert Longo, Georg Baselitz, Umberto Boccioni, Robert Wilson, David Lynch, Luca Ronconi… artisti che sono rimandi impliciti, evocati ma senza evidenza formale. Pucci evita la somiglianza con le fonti necessarie e affronta il quadro come una coscienza architettonica, un ambiente iperteatrale in cui tutto rimanda alle sue personali attitudini, alla sua chiave morale, alla sua idea del mondo. Il risultato stabilisce coordinate autografe che hanno metabolizzato le radici e la contaminazione linguistica, così da trasformare l’azione in rappresentazione bloccata, al punto da rendere la stanza un palcoscenico e il corpo una scultura vivente.
Una figurazione fuori dai temi canonici, decisa a non farsi classificare dentro categorie date. Pucci codifica un mondo autoreferenziale, alimentato al proprio interno, dove la vita possiede un personale ossigeno iconografico, trasformabile di continuo nel suo doppio pittorico. Le opere ti costringono al ripensamento degli spazi domestici, si agganciano al reale per riposizionarlo come non avresti mai immaginato. La notevole qualità tecnica aiuta l’artista in questo processo metabolico, dove il legame tra perfezionismo e materia indica l’invenzione di una realtà al confine, sul limbo narrativo tra verismo e finzione plausibile.
Un mondo alla Pucci… difficile non riconoscere al nostro artista questa rara capacità generatrice, come fosse un alchimista del teatro umano alle prese con la normalità del presente. La pittura di Pucci dosa gli ingredienti per inventare spazi mentali in forma figurativa. I suoi sono mondi cubici dai confini sensoriali, popolati da gruppi omogenei che hanno scelto il dialogo silenzioso, l’anomalia narrativa, l’accordo posturale tra abitudine e follia.
Benvenuti nella vertigine del realismo apparente. Benvenuti negli immaginari del teatro cerebrale…